Monica Lasaponara
Cinque anni fa ho lasciato una promettente carriera e quello che a tutti gli effetti era un bel lavoro. Mi occupavo di marketing per un’azienda televisiva, avevo un contratto a tempo indeterminato, un ottimo stipendio e tanti benefit.
Eppure da sempre, con un po’ di vergogna e sensi di colpa, mi chiedevo che senso avesse ciò che facevo. Perché dovevo passare il tempo prima nel traffico e poi in un cubicolo, dare retta a persone che non avevo scelto come compagni del maggior numero di ore in ogni mia giornata e fare cose che andavano fatte in un certo modo, con scadenze assurde o procedure senza significato? Riunioni interminabili, pranzi mal digeriti e un costante senso di spaesamento rispetto all’impatto che tutto questo potesse avere nel mondo.
Ero sempre stanca, ansiosa e non dormivo bene. Mi rendevo conto che tutto quello non era sano, ma lo facevano tutti. Si lamentavano sì, ma non sembrava esserci una via d’uscita.
Dopotutto, mi dicevo, chi può permettersi di mollare il lavoro è perché ha i soldi: proprietà, rendite, parenti ricchi. Io non avevo nulla di tutto questo. Solo tante spese a fine mese!
E poi, come spesso accade, a un certo punto la vita ti chiama a rapporto.
Semina sul tuo cammino qualcosa che non sai gestire, come faresti abilmente ad esempio con un problema al lavoro. Nel mio caso un dolore immenso.
E dici no. Semplicemente. No.
Decidi che vuoi scegliere la tua vita. Che devi sceglierla. Perché sì, è proprio una.
E improvvisamente, nella confusione più totale, mentre non capisci più niente in realtà avverti che stai capendo tutto. Soprattutto che non potrai più tornare indietro. Così ho cominciato a guardarmi intorno, a chiedermi cosa sapessi davvero fare e cosa mi interessasse. Al di là del mio curriculum vitae.
All’inizio, ovviamente, ho fatto un gran casino.
Credevo che la risposta fosse “fai il tuo lavoro da freelance”, perché pensavo che essere libera dal cubicolo in ufficio fosse la risposta.
Mentre non lo era, ovviamente.
Poi, pian piano ho iniziato a sintonizzarmi meglio con me stessa.
Ho scoperto Escape the City, il progetto di due ragazzi che avevano lavori di tutto rispetto nella City londinese ma che si stavano ponendo le mie stesse domande. Li seguivo già da tempo, mentre lavoravo ancora in azienda, e mi ero resa conto che stavano davvero facendo qualcosa di rivoluzionario: dare la possibilità alle persone di trovare un lavoro maggiormente nelle proprie corde. Che non voleva dire necessariamente lavorare nel sociale, ma sentire che era possibile lavorare e guadagnare con i propri tempi e secondo le proprie inclinazioni.
Ho deciso di contattarli e di offrirmi come volontaria per portare i loro eventi Escape Monday in Italia. Appena ho iniziato, mi sono resa subito conto di quante persone fossero nelle mie stesse condizioni di qualche anno prima e di quante altre avevano già fatto il salto dal lavoro in ufficio per fare della propria carriera un’estensione del proprio essere e non la fortuna di qualcun altro. Da lì, dopo essermi messa alla prova con qualche inconsapevole amico o conoscente che mi chiedeva consigli su come avevo fatto o come facevo a vivere senza uno stipendio fisso, ho capito che potevo studiare e fare anch’io di questa mia missione un lavoro.
Sono diventata la prima Escape Coach italiana: mi occupo di traghettare persone verso un lavoro che abbia un senso rispetto a ciò che sono, che sia un business autonomo o da dipendente.
E credetemi, oggi so che possiamo farlo tutti. Nel corso degli anni ho visto persone che avevano tutte le “scuse” pronte: ho un mutuo, l’affitto da pagare, figli da mantenere, zero idee, poco tempo e via dicendo.
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Ma la verità è che lo si può fare quando ci si inizia a porre le giuste domande, partendo da se stessi, da quello che sappiamo fare ma non siamo abituati a vedere, e dalla decisione di sperimentare. Non dico mai a nessuna delle persone che lavorano con me di lasciare il lavoro (a meno che non abbiamo tanti soldi ma non è tanto frequente ahimè!), ma propongo loro di iniziare un percorso parallelo per capire cosa potrebbero fare, testarlo, e pianificarlo con i tempi e i modi giusti.
Perché se per l’appunto siete tra quelli che, come me, la domanda sul valore della propria vita se la pongono, allora vi dico con molta franchezza che abbiamo una responsabilità: quella di vivere una vita che abbia un Senso, per noi e per il mondo.
E il primo passo per farlo è avere un lavoro che ci piace e soprattutto di cui ci "importa". Allineare la nostra carriera allo stile di vita che vorremmo è garanzia di serenità.
La mia esperienza ne è la prova.
Che non dobbiamo subire le scelte che la società ci impone, che i ruoli e lo status non sono automaticamente sinonimo di felicità, che possiamo cambiare anche quando non siamo più giovani, che abbiamo per l'appunto il dovere di costruirci una carriera a nostra misura e non il contrario.
L'importante è avere il coraggio di ripartire da stessi e iniziare a raccontare la propria storia. Quella che non è scritta in un curriculum vitae, ma è fatta delle nostre competenze (innate o acquisite) e da ciò che ci sta a cuore, per fare della propria unicità un nuovo business.
Perché, banalmente, se non provate a cambiare non saprete mai se potete farlo.
E la vita è troppo breve e preziosa per fare un lavoro che non ci piace.
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